Tequila

Acquavite originaria del Messico, ottenuta dalla distillazione del succo fermentato dell’agave azzurra o agave tequilana. L’agave è una pianta a foglie spinose della famiglia delle Agavaceae. Per la legge messicana il distillato d’agave si può definire Tequila solo se è prodotto con un particolare tipo d’agave, “l’agave azul” (Agave Tequilana Weber), coltivata in specifiche aree geografiche: lo stato federato di Jalisco nel Messico centro-occidentale. Nel linguaggio delle tribù locali Nahuatl la parola Tequila significa Vulcano. I distillati ottenuti dal succo fermentato di altre specie d’agave prendono il nome di Mezcal e vengono prodotti in quasi tutto il Messico. La leggenda Atzeca narra che il dio Quetzacoatl, preoccupato per la tristezza che affliggeva gli uomini della terra, fece innamorare di sé la dea Mayahuel per condurla sulla terra, sulle ali del vento, al fine di donare agli uomini la sua straordinaria bellezza. La nonna della dea, infuriata, si diresse sulla terra, con un esercito di stelle, per ritrovarla. Il dio Quetzacoatl, per proteggere la propria amata dalla furia dalla nonna, la prese in braccio e si trasformò in un albero, i cui rami erano proprio il corpo dell’amata. La nonna della dea, ancor più irritata per il tentato inganno, ordinò fulmini e saette su quell’albero. I rami s’incendiarono e bruciarono. Il dio Quetzacoatl, uscito dal tronco dell’albero, raccolse e interrò i resti ormai inerti del corpo della dea Mayahuel. Dalle sue membra nacque, come frutto d’amore non vinto, la pianta di Agave, la pianta degli dei, dal cui cuore gronda l’acqua sacra che pose fine alla tristezza degli uomini e donne della terra. Le origini di Tequila e Mezcal risalgono a duemila anni fa. Intorno al I secolo d.c, gli indigeni scoprirono che il succo della pianta dell’agave, se esposto all’aria, fermentava in una lattiginosa bevanda moderatamente alcolica. Gli Aztechi la chiamarono "octili poliqhui", un nome che fu trasformato successivamente dagli spagnoli in "pulque". Come detto nella cultura azteca bere “pulque” aveva un significato religioso. Veniva consumato durante feste pubbliche in cui grandi recipienti colmi di pulque erano sistemati nelle piazze. La classe dominante, invece, aveva il privilegio di poterne usufruire durante tutto l’anno. Era, infine, offerto ai prigionieri di guerra per essere purificati prima di essere sacrificati agli dei. I “conquistadores”, giunti in Messico nel XVI secolo, non gradirono inizialmente questa bevanda dal basso contenuto alcolico, circa 3% vol, e dal gusto terroso e vegetale. Portarono con sé, però, gli alambicchi e le proprie conoscenze nell’ambito della distillazione. I primi tentativi di distillare il pulque non furono entusiasmanti: il distillato aveva un sapore acre e pungente; ebbero, allora, l’idea di cuocere la polpa dell’agave. Il risultato fu un succo più dolce che, una volta fermentato, divenne conosciuto come vino Mezcal. Una volta distillato nacque il primo Mezcal come oggi lo conosciamo. Il villaggio di Tequila (chiamato Ticuilas dagli indios locali) produceva Mezcal già nel XVII secolo. Quest’acquavite, fatta con la locale agave azul, aveva un gusto superiore alle altre prodotte nel resto del Messico e barili di vino Mezcal di Tequila cominciarono presto a essere commercializzati con la vicina Guadalajara e altre città anche più lontane. Gradualmente il Mezcal prodotto nella futura zona di Jalisco cominciò a essere conosciuto come Tequila. Le più vecchie distillerie della città di Tequila risalgono al 1795, anno in cui la Corona di Spagna concesse una licenza di distillatore al signor José Cuervo. Nel 1805, invece, fu fondata la distilleria che divenne della famiglia Sauza. Il metodo di distillazione per il Tequila e il Mezcal è molto simile. L’agave raggiunge la maturità in un tempo che varia tra gli 8 e i 10. Raggiunta questa produce il gambo di un fiore che, una volta cominciato a crescere, viene tagliato dal coltivatore che ne indirizza nuovamente la crescita sul fusto centrale della pianta, facendolo gonfiare in forma di largo bulbo. Quando il rigonfiamento raggiunge le dimensioni desiderate, la pianta è tagliata dalle radici e le foglie spinose sono rimosse utilizzando un attrezzo simile a un rasoio chiamato "coa". Ciò che rimane è la piña, che assomiglia a un ananas gigante bianco e verde dal peso compreso tra i 12 e i 45 Kg, ricca di una polpa dolce e succosa. Giunte in distilleria le piñas vengono divise in quattro. Per ciò che concerne il Tequila, gli amidi contenuti nella polpa sono trasformati in zuccheri grazie al calore lentamente applicato da forni a vapore o da pentole a pressione di larghe proporzioni. Per ciò che riguarda il Mezcal, invece, la trasformazione è ottenuta con forni sotterranei riscaldati con carbone di legna, che conferisce alla bevanda il caratteristico gusto fumoso. Dopo essere state cotte, vengono schiacciate con una mola in pietra, azionata da un mulo, per estrarre “l’aguamiel", acqua di miele. Per ottenere Tequila di alta qualità si fermenta e distilla solo succo d’agave miscelato con un poco d’acqua. Nel momento in cui, oltre all’acqua, siano aggiunti zuccheri di diversa provenienza, come quello di canna, avremo un prodotto finale che sarà definito con il termine “mixto”. Il "mixto" prodotto e imbottigliato in Messico può contenere fino al 40% di alcool derivato da altri zuccheri; mentre quelli inviati in paesi stranieri per l’imbottigliamento, soprattutto negli Stati Uniti, possono avere un contenuto derivante dall’agave ridotto dall’imbottigliatore straniero fino al 51%. La legge messicana stabilisce che il Tequila 100% agave o il Tequila invecchiato deve essere imbottigliato in Messico e che questa caratteristica deve essere sempre riportata sull’etichetta della bottiglia. Se si tratta di un "mixto", invece, solitamente non viene riportato sull’etichette. Gli alambicchi usati per la distillazione sono di tipo discontinuo e producono un distillato chiaro, contenente una significativa quantità di aromi, che è possibile distillare nuovamente in alambicchi a colonna per ottenere un distillato più pulito e leggero. Il colore viene generalmente rafforzato con l’aggiunta di caramello, poiché il colore donato dall’invecchiamento in barile è prerogativa esclusiva di marche di alta qualità. Alcuni distillatori aggiungono anche piccole quantità di aromatizzanti naturali come le prugne secche, il cocco o lo Sherry che, anche se no incidono in modo significativo sul gusto dell’acquavite, l’ammorbidiscono modificandone il profilo organolettico. Possiamo dividere il Tequila in quattro categorie: Tequila Silver o Blanco, di colore chiaro, può essere sia 100% agave che mixto. Non si fa invecchiare, al più un leggero invecchiamento in contenitori d’acciaio inossidabile per un massimo di 60 giorni, è indicata prevalentemente per la miscelazione; Tequila Gold, anche questa non si fa invecchiare: si colora ed aromatizza con caramello. Normalmente è un mixto; Tequila Reposado, viene affinato in tini o fusti di legno per un periodo minimo, sancito dalla legge messicana, di due mesi. Le migliori marche lo invecchiano da 3 a 9 mesi in botti legno. Può essere sia 100% agave che mixto ed è il tipo di Tequila più venduto in Messico. Tequila Añejo, viene affinata in barili di legno (normalmente vecchi barili usati per il Bourbon) per un minimo di 12 mesi. I migliori Añejo sono invecchiati da 18 mesi a 3 anni per i mixto ed anche fino a 4 anni per i 100% agave. Invecchiare la Tequila per più di 4 anni è argomento controverso. Molti produttori di Tequila sono contrari perché ritengono che un eccessivo passaggio in legno possa coprire le caratteristiche note aromatiche terrose e vegetali dell’agave. Le regole e le disposizioni che governano la produzione e il confezionamento del Tequila non sono applicate al Mezcal. Alcune distillerie sono molto primitive e molto piccole. Il Mezcal più conosciuto è prodotto nello stato meridionale di Oaxaca. Otto varietà di agave sono consentite per la produzione di Mezcal ma la varietà principalmente usata è l’agave "espadin" (Agave angustifolia Haw). In alcune bottiglie di Mezcal si può trovare il “gusano”, in italiano verme, che in realtà è la larva di uno o due mesi che cresce nella pianta dell’agave. Si dice che il “gusano” serva come verifica dell’alcolicità: se il verme rimane intatto nella bottiglia significa che la percentuale di alcool nel distillato è abbastanza alta da conservarlo sotto spirito. Al tempo stesso, comunque, è divenuti un rito, ormai da generazioni, quello di consumare il “gusano”. Va sottolineato che le migliori bottiglie di Mezcal ne sono prive e, anzi, cominciano a possedere un notevole carattere ed il livello di qualità raggiunto gli sta piano piano permettendo di conquistare una piccola fetta di mercato. È usanza bere il Tequila puro mangiando, immediatamente prima, un pizzico di sale e, subito dopo, una fetta di limone. Il cocktail più comune, invece, è senz’altro il Margarita. Molte sono le storie attorno alla creazione di un cocktail così famoso: Daniel Negrete (1936), secondo quanto dice il figlio Salvador Negrete, aprì un bar al Garci Crispo Hotel, con suo fratello David, e il giorno prima del matrimonio di David, Daniel presentò il Margarita come regalo di nozze per la cognata, Margarita; Il barman Francisco 'Pancho' Morales, il 4 luglio 1942, in un bar a Juàrez chiamato Tommy's Place, in Texas, improvvisò un cocktail a una cliente non ricordandosi esattamente la ricetta del Magnolia, cocktail che lei aveva richiesto. La sua creazione fu un successo; Carlos Danny Herrera, tra il 1947 e il 1948, miscelò della Tequila bianca con succo di limone e Triple Sec per una showgirl che si faceva chiamare Marjorie King. L’attrice era allergica ai liquori, tranne che al Tequila, ma non amava berla con sale e limone. Il cocktail che le fu presentato venne chiamato Margarita.